Rischio sanitario

Rischio Sanitario nell’Adozione Internazionale

Il desiderio di creare questa scheda nasce tanto dalla nostra esperienza personale, quanto dalla frequenza con cui le coppie si rivolgono all’associazione parlando di Special Needs, categoria individuata nell’ambito delle Adozioni internazionali, per indicare sia le problematiche di tipo sanitario, quanto l’età “avanzata” del minore, o l’appartenenza a fratrie numerose.

 

Per quanto riguarda le problematiche di tipo sanitario, gli enti autorizzati generalmente forniscono una panoramica dettagliata delle condizioni di salute che potrebbero presentarsi a seconda dell’area geografica e dell’eta, e indicano alle coppie quali paesi forniscono in modo più dettagliato, e quali meno, i report sulla salute dei minori adottabili.

Ma al rientro in Italia, che succede? Poche famiglie, e purtroppo pochi pediatri, sono a conoscenza del fatto che sul territorio italiano esistono numerosi ambulatori, facenti parte del Sistema Sanitario Nazionale, dedicati all’accoglienza del minore adottato.

 

Non solo, esistono linee guida per la presa in carico, la possibilità di una collaborazione con il pediatra o medico di famiglia, e l’iter diagnostico da intraprendere qualora le prime indagini dovessero rendere evidenti problematiche non note.

 

Il viaggio verso casa.

 

Il nostro punto di partenza è il Protocollo della Regione Emilia Romagna per la Tutela della Salute psico-fisica dei bambini adottati (2007).

In primo luogo occorre riconoscere che ogni area geografica di provenienza

ha caratteristiche sanitarie, igieniche, che presuppongono

conoscenza e interventi diagnostici specifici.

“Infatti malattie infettive e parassitarie quasi del tutto assenti in Italia, o comunque sotto stretto controllo profilattico, possono essere presenti in altre aree geografiche, costituendo causa di morbilità. […]”

Tra gli obiettivi del protocollo ricordiamo “la necessità di assicurare a tutti i bambini adottati provenienti da altri Paesi e anche a quelli italiani una attenta e accurata presa in carico e cura dal punto di vista della salute psico-fisica, non solo dal punto di vista diagnostico-assistenziale ma anche dal punto di vista dell’accompagnamento ad una sua equilibrata crescita.”

L’applicazione del dettagliato protocollo, a cura del pediatra o del medico di famiglia, è prevista entro 30-45 giorni dall’arrivo dei bambini/ragazzi. Le valutazioni cliniche saranno descritte in una relazione, eventualmente integrata da altre valutazioni specialistiche, qualora necessarie.

I dati da acquisire sono i seguenti:

1. Anamnesi personale e familiare: 

  • ricostruzione del vissuto del bambino,
  • valutazione clinica generale: stato nutrizionale, misurazione circonferenza cranica, valutazione staturo-ponderale con riferimento agli standard OMS, plicometria, segni di sviluppo puberale, dentizione, visus e udito, esclusione di eventuali malattie infettive dermatologiche, presenza di eventuali dimorfismi;
  • valutazione dello sviluppo psico-motorio, relazionale e del linguaggio

2. indagini di 1° livello: indagini di laboratorio e screening (esami del sangue, urine e feci + valutazione del titolo anticorpale per vaccinazioni infantili + intradermoreazione di Mantoux)

3. indagini di 2° livello: ulteriori indagini e visite specialistiche di approfondimento.

 

 

L’incontro con i medici del Centro Post-Adozione Internazionale.

 

In occasione di un incontro aperto alle coppie interessate all’adozione internazionale e tenutosi in data 5 Aprile 2019 presso il Centro della Famiglie di Rimini, i relatori ci hanno riportato l’esperienza del Centro Post-Adozione Internazionale di Bologna, sottolineando gli aspetti clinico-epidemiologici, lo stato nutrizionale, e lo stato vaccinale riscontrati nei bambini adottati.

Abbiamo parlato di salute dei bambini adottati con i dottori Arianna Giannetti, Francesca Cipriani e Giampaolo Ricci, della Clinica Pediatrica del Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna.

I dati esposti fanno riferimento al periodo di osservazione 2007-2016; sono stati inclusi nello studio 286 bambini (59.8% maschi), di età media 4,9±2,9 anni.

I paesi di provenienza più frequenti sono: Russia (23,4%), Colombia (16.8%), ed Etiopia (9.8%).

Si evidenzia una elevata percentuale di bambini sotto il terzo centile di peso (18.1%) e altezza (17.9%), come pure BMI (8.9%).

La carenza nutrizionale maggiormente osservata è l’insufficienza di vitamina D, che si è verificata nel 52.6% dei casi. Segue un 10,1% di casi con TSH elevato e un 6,1% con carenza di ferro.

Tra le problematiche cliniche segnalate, nel 22,7% dei casi è stata riscontrata alla prima visita la presenza di una o più malformazioni o patologie congenite. Nel 18.2% delle relazioni cliniche disponibili è stato osservato un ritardo dello sviluppo psicomotorio.

Coloridelladozione-malformazioni

Per quanto riguarda le malattie infettive, il 2,3% dei pazienti è risultato positivo per HBsAg, lo 0.8% dei pazienti per HCV IgG, nessuno per HIV.

 

In merito allo stato vaccinale, l’ambulatorio ha potuto osservare percentuali di copertura difformi da quanto emerso dalla relazione rilasciata nei paesi di origine. 

Lo stato di protezione vaccinale, valutato per pazienti di età superiore a 12 mesi che hanno effettuato le comuni vaccinazioni, è risultato:

– anti-HBsAg: 62.3%

– anti-difterite: 45.2%

– anti-tetano: 64.7%

– anti-morbillo: 74.7%

– anti-parotite: 61.6%

– anti-rosolia: 82.4%

 

 

In merito alle parassitosi intestinali, l 20.9% dei pazienti presentava almeno un esame delle feci positivo per parassiti patogeni, con prevalenza di Giardia intestinalis (86.4% dei casi), seguita da Trichiuris trichiuria (7%), Ascaris lumbricoides (2,3%) e Schistosoma mansonii (2,3%).

 

La tabella a fianco illustra gli esami diagnostici cui i bambini adottati sono stati sottoposti con le relative percentuali. E’ estratta dal documento Dieci anni di adozioni in Emilia-Romagna, a cura di Monica Malaguti – Servizio Politiche familiari, infanzia e adolescenza Regione Emilia-Romagna. Marzo 2016.

Grazie ai dati elencati possiamo comprendere quali siano gli approfondimenti diagnostici più frequentemente richiesti, a sostanziale conferma delle osservazioni portate dai medici del Centro Post-Adozione internazionale di Bologna.


 

Questa sconosciuta…la Sindrome Feto-Alcolica.

 

Una nota sui cui desideriamo porre l’attenzione riguarda la diagnosi di FAS (Fetal Alcohol Syndrome – Sindrome Feto Alcolica) ed il manifestarsi di FASD (Spettro dei disordini feto-alcolici – Fetal Alcohol Spectrum Disorder).

L’associazione ha recentemente preso contatti con AIDEFAD, associazione fondata e presieduta da Claudio Diaz, che speriamo presto di poter invitare a Rimini.

Vi invitiamo caldamente a visitare il sito www.aidefad.it. 

La FASD è considerabile come un ombrello sotto il quale si trovano le varie espressioni del disturbo, quali FAS (Fethal Alcohol Syndrome), FAE (Fetal Alcohol Effects), ARND (Alcohol-Related Neurodevelopmental Disorders), ARBD (Alcohol-Related Birth Defect). Queste diverse terminologie si riferiscono a situazioni cliniche in cui non tutte le caratteristiche della FAS sono presenti, oppure appaiono meno evidenti. In particolare le alterazioni del Sistema Nervoso Centrale comporterebbero una serie di alterazioni cognitive e comportamentali a breve e a lungo termine che spesso sono difficili da identificare, perché possono subire modificazioni nel corso della vita e, inoltre, possono essere confuse con altre patologie.”

La FASD è una disabilità “trasparente”,

cioè difficile da riconoscere senza una corretta diagnosi.

Le sostanze ai cui il feto potrebbe essere stato esposto sono: nicotina, cannabis, cocaina, oppiodi, mdma, benzodiazepine, e alcol. Si tratta di una diagnosi a lungo difficoltosa da riconoscere, che solo recentemente è stata metodicamente inquadrata. Le ragioni sono purtroppo semplici: da un lato vi sono le difficoltà legate alla rilevazione dei consumi nelle donne, dall’altro i pochi e imprecisi studi sperimentali sull’organismo umano.

Inoltre il manifestarsi di disordini non avviene in modo uguale per tutti e non sempre i sintomi sono presenti nello stesso modo.

Günther Goller, pediatra di Bressanone dice: “la gamma passa da disturbi della crescita, sottopeso, testa piccola fino a disturbi mentali, malformazioni scheletriche o cardiache. In alcuni pazienti possono insorgere disturbi del sonno, difficoltà di apprendimento ed iperattività. Per questo motivo può succedere che venga diagnosticata erroneamente l’ADHD.” 

Si capisce come l’importanza di una diagnosi sia determinante, e l’avvio di un percorso di presa in carico possa ridurre la comparsa dei problemi nell’infanzia e delle disabilità secondarie in adolescenza. Anche in età adulta, la diagnosi può aiutare la persona a migliorare le proprie condizioni di vita e di salute.

Infine, come dichiarato da Alessandra Pisa, genitore adottivo e referente per l’Emilia Romagna, 

La diagnosi è per noi una bussola: ci aiuta a capire,

a orientare le scelte piccole e grandi e

a disegnare insieme la nostra vita.

 


I nostri consigli.

 

Invitiamo tutti gli interessati a condividere con il pediatra o il medico di famiglia scelto, le linee guida regionali, consultabili sul sito della Regione e le nuove indicazioni in merito all’accoglienza sanitaria al minore migrante .

Ricordiamo che la Regione Emilia Romagna prevede l’esenzione del ticket per prestazioni sanitarie specialistiche a favore dei bambini adottati per la durata di 24 mesi dall’ingresso del minore in famiglia – Deliberazione di Giunta regionale n. 1036/2009. 

 

NOTE:

1) Vi invitiamo a consultare inoltre la pagina http://www.glnbi.org/index/adozioni/cat/2 . I centri di riferimento del Glnbi sono elencati qui.

 

2) Ricordiamo che le Curve Crescita sono diverse per ciascun paese/area geografica.